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Probabilmente il fisco non è un investitore da rispettare. Abbiamo letto sui giornali quante banche americane sono sotto indagine per aver aiutato i propri clienti a frodare il fisco. In questo processo abbiamo visto la creazione di operazioni di finanza strutturata per frodare il fisco italiano. Dunque la frode al mercato è stata quotidiana, costante e globale, diretta attraverso i comunicati e le altre informazioni finanziarie del gruppo, ovvero attraverso i prospetti informativi al mercato e attraverso il costante rapporto tenuto dalle banche con il mondo finanziario: analisti, investitori istituzionali, società di rating. Ed indiretto, attraverso la costruzione di numerose operazioni fuorvianti o simulate, ovvero l'utilizzazione di altri artifici che fornissero al mercato un'immagine distorta e fittizia della realtà.
Questo mondo della finanza è anche un po' ipocrita ed arrogante e forse anche un po' omertoso. Guardiamo BofA: vi risulta che abbia mai preso [le] distanze dai propri manager, avete mai letto una denuncia, avete avuto contezza dell'esito dell'audit interno che avevamo chiesto a Greg Johnson? Addirittura Sala ha fatto propria la relazione del consulente tecmico di BofA.
E quante favole ci hanno raccontato? Si è arrivati a dire che l'emissione di Uspp (United States private placements, collocomenti privati di titoli del gruppo Parmalat a grandi investitori istituzionali Usa, n.d.r.) non è una informazione price sensitive, che è giusto per motivi di asserita riservatezza occultare al mercato l'effettivo costo di operazioni di debito, che è normale utilizzare veicoli turistico-finanziari per portare fuori bilancio i debiti, che non c'è nulla di male ad effettuare politiche di arbitraggio e di vigilanza per non intaccare il patrimonio di vigilanza (vorrei sapere cosa ne pensa Banca d'Italia sul punto), che non informare il mercato dei buy back è prassi lecita, che non rappresentare la copertura del debito è cosa buona e giusta mentre si racconta al mercato che il gruppo è solido e liquido. Favolette! Bastava andare a leggere le raccomandazioni del Cesl, ultime, sull'informazione al mercato e sulle notizie price sensitive per non fare questa figura.
È vero che i giudici non sono degli esperti di finanza, anche se nel loro mestiere ritengono che se ci sono delle regole bisogna rispettarle, a meno che tale pretesa di legalità non sia solo mero frutto della loro alienazione. Tuttavia, nel ridurre la complessità a capi di imputazione siamo soliti ricorrere alle figure classiche del diritto penale, per le quali uno che ruba è un ladro, uno che truffa è un truffatore e uno che falsifica è un falsario. Mi scuso se tale operazione non tiene conto dei trucchi da saltimbanco che la finanza ha creato, se necessariamente consideriamo un veicolo speciale per la finalità di inganno che ha, un fondo non registrato come un fondo nero. Accetto anche di essere dileggiato da illustri professori esperti che sono i depositari del sapere finanziario.
Tuttavia mi chiedo: ma ci volevano 500 pagine di consulenza per negare la conoscibilità della falsità dei bilanci della Parmalat o bastava un ragazzino che dicesse "il re è nudo"? O [bastava] l'onesto e povero Mike Vasilache, analista di BofA, che la prima volta che si occupa della Parmalat pone la domanda che tutti si sono posti: "Ma dove stanno nel bilancio...gli Uspp?".
L'accusa che muoviamo alla BofA e ai suoi dirigenti italiani è quella di aver cogestito con la Parmalat la frode al mercato, coordinando l'informazione, creandola e veicolandola direttamente, costruendo operazioni simulate e veicoli offshore ovvero veicoli consolidati dal gruppo ma gestiti direttamente da BofA; mettendo in essere tutti gli artifici possibili per dissimulare le condizioni della Parmalat e avere come prezzo reale di questo aiuto connivenza, complicità ed omertà la non indifferente cifra di 59 milioni di dollari.
Questo sarà un processo documentale, citerò pochissime testimonianze, perché ritengo che la prova di quello che sto dicendo è nei documenti. Faccio solo qualche esempio e poi comincio la parte descrittiva della requisitoria.
Guardate...la differenza che c'è tra quello che è stato detto sull'operazione brasiliana e la contabilizzazione dei veicoli e delle operazioni dei veicoli nella contabilità di Bank of America. Da una parte asseriti "investitori nord americani entrano nel capitale sociale della Parmalat"; nelle carte, "debiti verso Parmalat". E badate bene...quando l'ispezione di Banca d'Italia va a chiedere conto di queste operazioni, cosa dice Bank of America a Banca d'Italia? "Non preoccupatevi, questi veicoli sono della casa madre Parmalat". A volte le ispezioni servono, anche se capiscono cosa stanno guardando, perché immediatamente dopo smontano l'operazione Cur (la holding svizzera riconducibile a Sala, di cui BofA si servì per erogare a Parmalat Capital Finance un ingente finanziamento senza dover segnalare l'operazione alla Centrale dei Rischi di Bankitalia e consentendo al tempo stesso al gruupo Parmalat di occultare l'esposizione al mercato. In cambio sui conti di Sala affluirono 21,3 milioni di dollari n.d.r.).
C'è la prova documentale...che alle richieste dei manager di BofA Tonna spesso e volentieri risponde che quei dati non sono disponibili...Ma non dati marginali, inutili: i dati sull'indebitamento delle sussidiarie, i dati dell'Ebitda delle sussidiarie, i dati del fatturato delle sussidiarie!...Vi risulta da qualche parte che Bank of America abbia detto agli investitori: "Guardate, questi dati Tonna non ce li dà, non ce li vuole dare"? Perché questo è il modo corretto di stare sul mercato. No, se li sono inventati, li hanno aggiustati! D'altra parte si è discusso tantissimo in questo processo se c'era la possibilità da parte di Bank of America di conoscere i dati del Brasile...
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